venerdì 29 agosto 2014

Mèlodie Around the Word- Valeria Girau

Mèlodie Around the Word

Prima tappa- Lecce
Agosto 2014


La prima tappa di Mèlodie Around the Word parte dalla Puglia ed in particolare da Lecce e dall'agenzia Nous.
La blogger parigina, attualmente residente a Porto, è una specialista di Musica antica occidentale ed è da sempre interessata allo studio della trasmissione delle musiche tradizionali.
Per approfondire la sua ricerca intraprenderà un viaggio di due anni in giro per il mondo.
Ogni mese una nuova tappa, passando da: Italia, Bulgaria, Iran, Uzbekistan, India, Indonesia, Australia, Cambogia, Cina, Giappone, USA, Messico, Colombia, Brasile, Argentina, Cile, Sud Africa, Mozambico, Etiopia, São Tomé, Burkina Faso, Algeria, Israele, Islanda, dall'agosto 2014 fino a luglio 2016.

How does the transmission take place? How does a musical content evolve? Should traditions evolve within their epochs or keep their original essence? What does authenticity means, and how is it seen in different cultures?
Contro intervista di NOUS a Mèlodie



Mèlodie la prima tappa del tuo viaggio è la Puglia, il Salento nello specifico.
Che idea te ne sei fatta?
Prima di partire o adesso?
Entrambe
Il Salento è la regione di cui tutti gli italiani mi hanno parlato, italiani di tutte le regioni mi hanno sempre detto che è bellissimo; poi mi piace la danza, il ballo e qualcuno mi ha detto:- sai che li c'è la notte della Taranta?, io non sapevo cosa fosse, ma solo il nome già mi attraeva molto, allora ho detto andrò li, questo prima dell'idea del viaggio.
Quando ho avuto l'idea di partire, mi sono detta perché non iniziare dal Salento per l'Europa, da un punto lontano, particolare?
Le tue aspettative sono state deluse o sei contenta?
Io sono proprio contenta, questo paese è bellissimo, la natura è bella, il mare è splendido.
Sei specializzata in musica antica, conosci benissimo la musica barocca; in una città che è l'emblema del barocco, come ti ci senti? Come è stato per te affrontare la città?
Io ci sto benissimo infatti, sento affinità fisiche.
Secondo te il barocco influisce sul carattere degli abitanti?
Si, può essere, c'è questa pietra bianca, di un bianco non tanto freddo ma forte e poi tutte le fioriture che si fanno a partire da questo bianco.
Il bianco è un colore di cui sembra difficile fare qualcosa, invece i leccesi hanno reso questo colore vivo.
Pizzica, barocco, estrema povertà, estrema ricchezza, non so se tu lo hai visto da un punto di vista sociologico, ma gli estremi convivono.
Si, ma è quella la forza di questa regione, ci sono estremi totalmente opposti che convivono senza creare tensioni, semplicemente, ma allo stesso tempo mantenendo intatta la loro forza.
Secondo te anche nella musica popolare, la musica barocca ha portato la sua influenza?
I ritmi che ho studiato qui, sono ritmi che ho già studiato, soprattutto nella musica iberica e anche medievale.
Per dire, ho comprato un tamburello vicino Napoli, da un costruttore che suona la Tammurriata , però sono anche i tamburi che usiamo per studiare la musica medievale in Catalogna, proprio gli stessi strumenti.
Questi sono legami che sussistono in tutto il mondo.
Mi chiedevo, per te la Puglia nel contesto italiano dove si colloca e dove si colloca l'Italia in Europa.
E' una buona domanda. Anche geograficamente è un po' in periferia, io sono arrivata e ho capito subito di essere nel sud, del mondo e dell'Italia, per il modo di essere, di non preoccuparsi, di dire arriverà, forse, buttata li tranquilli.
Non c'entra niente con quello che puoi vedere a Parigi o a Milano e con questa fretta, secondo me anche i temi importanti sono molto più profondi, sull'essere, sulle questioni personali, non tanto sul sembrare.
Quindi meno apparenza?
Si, io penso di si, anche con i suoi paradossi.
L'ultima domanda che volevo farti è se hai una meta particolarmente attesa o un incontro che ti rende trepidante.
L'Iran sarà per me sicuramente un incontro molto forte, un salto musicale ma anche culturale. Non so se lo sarà veramente ma così lo immagino.
L'altro paese che non vedo l'ora di vedere è il Messico, perché ho già tanta affinità con i messicani.
Anche perché tua sorella lo ha studiato a lungo, per cui è un paese che conosci bene.
Esatto, lo conosco bene, ci sono solo due paesi nel mio viaggio che ho già visitato, uno è il Messico e l'altro la Cambogia, nell'uno viveva mia sorella biologica, nell'altro vive la mia sorella acquisita (cambogiana di origine, in affido alla famiglia di Mélodie a 17 anni).
E quindi il Messico sarà a Luglio, esattamente al centro del mio viaggio, verrà tutta la mia famiglia, per festeggiare mia nipote, quindi sarà un momento di gioia.
Festeggerete il passaggio di tua nipote dall'infanzia all'adolescenza, per cui ci sarà la festa successiva a quello che è stato il corrispettivo del battesimo.
Si, mia sorella andò li per studiare, nacque mia nipote e le fecero il battesimo, adesso deve fare la festa per i quindici anni, la festa più importante per una donna.
Ero ancora curiosa di sapere qual'è l'incontro più atteso per quel che riguarda i musicisti.
In India mi fermerò un mese dalla stessa persona per cantare.
E' una cantante di musica carnatica.
Penso anche questa sarà un'esperienza molto forte.
Anche perché tu hai iniziato a cantare da poco e lei ti introdurrà un modo completamente diverso da quello dell'Europa.
Si sarà un'esperienza completa credo.
Il nome della cantante?
Bhuvana Subramanian
Cambiando discorso, secondo te è vero che gli italiani parlano sempre di cibo?
Si, ed è giusto!
E i francesi?
Non so, forse ne parlano, ma non quanto gli italiani!
La cosa bella degli italiani è che si siedono a tavola davanti a tanto cibo e cominciano a parlare di cibo.
Hai visto quante varianti ci sono su una ricetta? Nessuno ha la stessa, ognuno ha la sua, anche dello stesso piatto.
Ho avuto un' esperienza a riguardo con un coinquilino siciliano. Un giorno di martedì mi ha detto:- domenica ti faccio la lasagna, da li è stato un inferno, al telefono con la zia, la madre, la nonna, la sorella, lo zio.
E alla fine ha fatto il suo potpourri.
Si, e una diceva :- non ascoltare tua zia che non sa farla, e l'altra:- non ascoltare tua madre etc...lui non ha vissuto per cinque giorni!
Però era buona.

Grazie Mèlodie e buon viaggio.
   Qui nella foto, Mèlodie con Valeria Girau- direttore artistico di NOUS 
    e la piccola Lucrezia.

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SECONDA INTERVISTA A MELODIE A TEMA PRETTAMENTE MUSICALE


Mèlodie 


Mèlodie, dove inizia il tuo viaggio in realtà ?
In realtà ho sempre amato viaggiare, è una cosa che è dentro di me. Viaggio molto soprattutto in Europa; poi ho fatto qualche progetto qualche anno fa nei paesi del Caucaso e ho capito che potevo legare la mia attività di musicista al viaggio e da lì ho avuto l'idea di fare viaggi più lunghi.
Qualche hanno fa ho fatto un lavoro per un master sulle musiche tradizionali e da lì ho iniziato a pensarci più seriamente. La decisione l'ho presa sei mesi fa ed è stata la cosa più difficile del viaggio. Partire è lasciare tutto quel che ho, anche se adesso mi rendo conto che probabilmente non lascio le cose completamente, però non è stato facile, nel momento in cui dovevo decidere.
Poi però, a quanto ho capito, ad un certo punto hai dato la spinta e lo hai fatto, sei partita e basta.
Esatto. E' una cosa che altrimenti anche con l'età che avanzava non avrei più fatto, per cui ho pensato: o lo faccio adesso, che ho appena finito di studiare, o non lo faccio più.
Poi sono partita. Era il primo di agosto (2014), due settimane fa.
Lo spunto è stato piuttosto immediato a quanto ho capito.
In realtà appena sono partita ed ero sull'aereo per andare a Roma è venuto tutto naturale.
Secondo te, la globalizzazione sta influenzando la tradizione musicale? Che cosa significa tradizione musicale nell'era della globalizzazione?
Io penso che questo viaggio sia fortemente carico di senso perché avviene adesso che la globalizzazione è estremamente estesa soprattutto a livello culturale e quindi anche musicale; per me, avendo studiato musica antica, sono molto importanti i temperamenti delle intonazioni vocali, è importante sapere se gli intervalli sono uguali o se c'è qualche particolarità in base alle regioni.
Tutti i semitoni sono uguali nella musica occidentale, questi temperamenti in musica antica non ce li sogniamo perché in Europa non si faceva fino a duecento anni fa ed è quello di cui parlo tra le altre cose nel mio lavoro a Basilea, cioè mi chiedo come mai questo temperamento ha avuto un successo così forte e adesso si suona dappertutto.
Il fatto di avere due temperamenti uguali fa perdere tanta personalità e particolarità.
Per cui c'è omologazione, non differenziazione. Unificazione non come linguaggio comune.
No, ma come semplificazione del linguaggio, che arriva ad una lingua comune che però perde tanto della sua forza, già nello scegliere di suonare con strumenti temperati.
Per cui in partenza si è già frenati, poi con la spinta della globalizzazione si perde del tutto peculiarità.
Si ed anche a livello di strumenti, non si suonano più quelli acustici, si suonano quelli elettronici ed ecco l'inquinamento del suono.
Si ed anche l'inquinamento globale, quello acustico, come abbiamo potuto sentire l'altro giorno qui in piazza (piazza Sant'Oronzo Lecce).
Si, infatti, questo d'altra parte rende tutti i prodotti più commercializzabili, assomigliano di più l'uno all'altro ed è più facile capire questa musica per uno che per esempio vive in Cina.
Uno che vive in Cina può convincersi di capire quella musica anche se non è la sua, in realtà non c'è nulla da capire, è leggibile perché non c'è nulla da leggere.
A volte sembra una questione di pigrizia.
Si, un livellamento verso il basso, a me piacciono gli esperimenti di fusion musicale quando si arricchiscono l'un l'altro, se invece cerchiamo l'unico linguaggio comune rimangono due note.
E tanta noia penso.
E poche note, il linguaggio universale infatti è così povero che funziona per tutti.
Dato lo spunto iniziale mi chiedevo, musica antica e popolare francese, quali caratteristiche hanno, faccele conoscere meglio.
La musica popolare francese la conosco poco, sono nata in città.
Non è diffusa anche in città come da noi attualmente?
Non ha la forza della terra, delle radici che ti portano ad un senso di identità molto forte.
E la musica antica invece?
Io ho scelto la musica antica perché appunto il modo di suonarla, il linguaggio, rassomigliano di più a quelle dell'epoca in cui sono state scritte e questo permette di tornare in un contesto acustico d'origine e quindi io vedo che suonare musica antica o storicamente informata, come si chiama, fa sì che si suoni solo musica contemporanea.
Quando stiamo facendo musica di un altro tempo, in un contesto ben preciso e con i suoi strumenti, secondo me stiamo facendo musica contemporanea.
La mettiamo nel suo contesto per farla diventare una cosa nuova, quest' intervallo improbabile, questa nota acuta...
Penso che con questa musica anche l'improvvisazione sia maggiore, la possibilità di variazione.
Si, si, la musica antica è molto più viva di quella popolare,perché la partitura ci dice molto di meno e quindi dobbiamo inventarci più cose.
Ti faccio una domanda frivola, in viaggio cosa porti sempre con te?
Mi porto il fagotto che occupa un po' di spazio, la macchina fotografica, ho un registratore, un tre piedi.
Attrezzatura tecnica.
Attrezzatura tecnica avanzata.
Io non ho mai avuto nemmeno una macchinetta fotografica, per me avere questa fotocamera con questa grande lente è una cosa nuova.
E poi non c'è più spazio per tutto il resto.
Mi porto tanti foulard, perché quelli servono per tutto, lenzuola, asciugamani, li metto sugli occhi quando c'è il sole per dormire, cuscini, vestito.
Multifunzione e leggero.
Esatto.Mi piace l'idea dell' oggetto multifunzione.
Ed è molto francese devo dire.
Ah si?
Foulard!
Ah si, l'eleganza.
C'è un suono in particolare che ti fa pensare a questa città o alla sua gente?
E' da qualche giorno che sono qui, e mi sveglio la mattina e sento il suono della pizzica, con tutti questi tamburi.
Sul serio? Per strada o nella tua memoria uditiva?
Nella mia memoria, devo dire che tutta la notte sento i tamburi.
Anche perché ieri sei stata alla notte della taranta.
Anche l'altro ieri e l'altro giorno.
Una curiosità, in base alla tua esperienza musicale, ci sono due stili che mescolati insieme, possono dar vita al connubio perfetto?
Ho iniziato un progetto che mi piacerebbe continuare, avevo invitato un gruppo di musica armena a suonare con un gruppo di musica barocca, la mescolanza è uscita benissimo, anche lì, i temperamenti mesotonici andavano veramente bene ed anche i timbri degli strumenti, anche se secondo me più avanti non dovrei rifarlo con un gruppo di musica barocca, ma con uno di musica medievale.
Da li ho iniziato a studiare musica medievale, ma sono agli inizi, vedremo quando torno.
Mi chiedevo da un punto di vista puramente sociologico, nella musica popolare del mondo quali temi si ripetono?
Anche qui andrebbe fatta una distinzione tra la musica popolare precedente e quella attuale.
Nella precedente si parla di vita quotidiana e l'amore è un tema universale.
C'è un detto che dice :-più se ne parla e meno se ne fa.
Oddio speriamo di no!
E già!

Grazie a Mèlodie
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Valeria Girau- valeriagirau.blogspot.it

giovedì 28 agosto 2014

IL FARO DELLA PALASCÌA- Valeria Girau

I fari sono stati tra le prime forme di comunicazione tra popoli.
Prima erano solo dei 
fuochi; in seguito divennero costruzioni in pietra.
Nel tempo si sono perfezionati sempre di più. Attorno al 300 a.C. sorgono i fari tuttora più noti e leggendari: il Colosso di Rodi e il faro d’Alessandria, entrambi ormai scomparsi.
Tra gli italiani La Lanterna di Genova è il faro più antico, costruito nel 1326. 
All’incirca dal 1304 fino al 1944 lo era stato 
quello di Livorno, prima di essere distrutto dai tedeschi.
Seguono tutti gli altri, compresa la Statua della Libertà di New York. 
I fari sono stati miraggi di salvezza nelle tempeste marine e sono diventati oggi miraggi di libertà per numerosi professionisti schiacciati dal 
quotidiano che sognano in essi, e nella possibilità di gestirne uno, l’opportunità di vivere in serenità.
I fari non sono più molti in Italia, circa 161 lungo gli 8mila chilometri di coste italiane. E di questi, solo 62 hanno un custode della lampada, che li presidia in solitudine o con la famiglia.
Difficile ormai ottenerne la gestione.

Si fa sempre più lontano il sogno di trovare sulla loro cima il rumore del mare, il suo infinito, l’urlo dei gabbiani.
E’ lontana la chimera di poter affrontare la forza inesorabile della 
burrasca, sentirsi inermi ed al contempo capaci di affrontare questa eccitante paura alla ricerca di un coraggioso oblio.
Il Faro della Palascìa è uno dei cinque fari del Mar Mediterraneo tutelati dalla Commissione Europea.
E’ il punto più orientale d’Italia, posizionato nel mezzo tra Mar Ionio ed il Mar Adriatico. Le coste balcaniche non distano molto, circa settanta chilometri, e nelle fresche giornate di tramontana o alle prime luci dell'alba è possibile a volte ammirare i Monti Acrocerauni o le isole Greche di Corfù e Saseno dalla scogliera frastagliata e vestita alle spalle di una calda macchia mediterranea.



La Palascìa è anche sede della stazione meteorologica di Otranto-Punta Palascìa, ufficialmente riconosciuta dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale.
La Punta Palascìa inoltre, congiungendosi idealmente a Punta Linguetta in Albania, segna tradizionalmente la linea di demarcazione tra i mari Jonio, a sud, e Adriatico a nord.

Valeria Girau - valeriagirau’s blog



mercoledì 27 agosto 2014

IL PASTICCIOTTO- Valeria Girau

IL PASTICCIOTTO 


Per andare al liceo dalla nostra casa in campagna, ogni mattina dovevo raggiungere il paese in macchina per poi prendere la corriera che mi avrebbe portata fino a Lecce.
A volte, se mia madre non poteva accompagnarmi, veniva a prendermi suo padre, il nonno Walter.
Nella sua 126 nocciola c'era subito nell'aria un profumo di vestiti stirati e sapone, misto a pasta-frolla e vaniglia.
Mi sistemavo nell'auto e mio nonno puntualmente mi allungava affettuosamente il sacchetto bianco con dentro il pasticciotto caldo; io tenevo quel sacchetto confortante tra le mani fredde e gustavo l'idea del primo morso.

Quanto metti in bocca un pasticciotto appena sfornato la pasta-frolla è assieme croccante e morbida sotto i denti e la crema esplode e si scioglie sulla lingua ed il palato, lasciando in bocca un sentore delicato di limone.
Può diventare difficile smettere, specialmente se la crosta e un po' bruciacchiata.
Chiedetelo a mio marito, lui ne sa qualcosa.


RICETTA DEL PASTICCIOTTO

Ingredienti per la pasta- frolla classica:

FARINA 00 1000 GR

STRUTTO 400 GR

ZUCCHERO 400 GR

UOVA INTERE n° 4

ACQUA 100 ml

BICARBONATO D'AMMONIO (AMMONIACA)  2 GR

LIMONE GRATTUGIATO Q.B.

ARANCIA GRATTUGIATA Q.B.

VANIGLIA Q.B.

Lo strutto deve essere buono e fresco.
Per quel che riguarda la vaniglia, si usano solo i semini che si trovano nella bacca.

Procedimento:

Mettere tutti gli ingredienti nel robot per impastare tranne la farina, emulsionare per pochissimi minuti. Quando il composto è come una crema, aggiungere la farina ed impastare con le fruste.

Ingredienti per la crema pasticcera:

LATTE LT 1


ZUCCHERO GR 300

FARINA 00 GR 50 (con il latte parz. scremato, 40gr con il latte intero)

AMIDO o FECOLA GR 50 (IDEM COME SOPRA)

TUORLO D'UOVO GR 200 (circa 10 tuorli)

BUCCIA LIMONE Q.B.

BUCCIA D'ARANCIA Q.B.

BACCA VANIGLIA Q.B.


Procedimento: 

- verso 50/60gr di zucchero nel latte e metto sul fuoco insieme alla bacca di vaniglia e alle bucce.
- A parte miscelo le polveri (farina, amido e il restante zucchero) e prima che il latte inizi a bollire ne metto un pò nelle polveri.
- Aggiungo le uova ed emulsiono; intanto tolgo le bucce di arancia e limone e la bacca di vaniglia dal latte che è sul fuoco e quando inizia a bollire metto tutta l'emulsione nel latte e inizio a girare,da quando ricomincia a bollire la lascio 2/3 min senza girare e poi la tolgo.

- Tolgo subito la crema dalla pentola di cottura la metto in una teglia disinfettata e raffreddata con un pò di alcool puro e la copro con la pellicola (facendo aderire bene la pellicola alla superficie della crema in modo che non si crei quella patina fastidiosa).


Le quantità sono molto alte, meglio dividere per due o quattro.

Le formine ovali di alluminio per fare il pasticciotto si comprano nei negozi che vendono attrezzatura per cucinare.
A Lecce, tra gli altri:

                       Formine di alluminio per pasticciotti

Alberghiera
Via Marconi SNC
Lecce

Da Tedesco
Via Casotti Francesco n°11
Lecce

Giovanni Povero
Viale Otranto n°93
Lecce


Grazie a mia cugina Marialberta per avermi passato la ricetta.

Marialberta

La ricetta è della pasticceria Natale:

Pasticceria Natale
Via Trinchese n°7
Lecce

Pasticceria Natale
Via Tevere n°10
San Cesario di Lecce

I pasticciotti ed i fruttoni nelle foto sono invece della pasticceria SISE di via Taranto n°27 a Lecce.


STORIA DEL PASTICCIOTTO

Barchiglie di rame da far pasticciotto numero otto


Il 27 luglio 1707 morì Monsignor Orazio Fortunato.
Nella Curia Vescovile di Nardò è custodito l'inventario del suo mobilio (redatto il giorno della sua morte), e tra le altre attrezzature da cucina compaiono: «barchiglie di rame da far pasticciotto numero otto»; questa è la prima testimonianza scritta dell'esistenza di questo dolce.

Leggenda invece vuole che il pasticciotto nasca nel 1745 a Galatina.
In quell'anno il pasticcere Ascalone, durante la festività di San Paolo guaritore delle tarantate, era nella sua bottega e stava sperimentando nuove alchimie culinarie immaginando di creare un nuovo dolce che avesse abbastanza successo da risollevarlo economicamente.
Tra un esperimento e l'altro infine gli rimasero della crema pasticcera e della pasta frolla in quantità minime. Così, per non sprecarle, prese un piccolo contenitore di rame e mise a cuocere questo piccolo dolce che lui stesso definì un pasticciotto.
Una volta sfornato il tortino, lo regalò ad un passante, che lo trovò squisito e ne rimase così entusiasta da volerne ordinare altri da portare alla sua famiglia.
Fu così che si venne a conoscenza di questo dessert, che spopolò.
Nacque così il dolce tipico pugliese, il pasticciotto, ormai presente nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali redatto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (ai sensi dell'art. 8 del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173).
Il pasticiotto classico è prodotto con farina, latte, uova e strutto, insomma con tutti quegli ingredienti che nel settecento era possibile produrre nelle campagne; la crosta croccante e dorata si ottiene spalmando dell'albume d'uovo sulla superficie prima di infornare.
Attualmente ci sono anche delle varianti, pasticciotto con marmellata di amarene, pasticciotto al cioccolato, pasticiotto crema e cioccolato...etc, ma come dicevamo, la ricetta originale è fatta solo con pasta frolla ripiena di crema pasticcera al limone e cotta nel forno.

Nella versione classica, pare fosse uno dei dolci preferiti del cantante Frank Sinatra.


Un derivato originale del pasticciotto è il fruttone, un dolcetto di pasta-frolla ripieno di pasta di mandorle e marmellata di mele cotogne ricoperto da cioccolato fondente.
Mentre il pasticciotto va servito caldo, il fruttone è più buono freddo.
Entrambi esistono anche in forma di torta.



Valeria Girau- valeriagirau.blogspot.it


venerdì 8 agosto 2014

ABBAZIA DI CERRATE- Valeria Girau



ABBAZIA DI CERRATE



L'Abbazia di Santa Maria di Cerrate è un sito romanico medievale che si trova sulla strada provinciale che collega Squinzano a Casalabate, vicino Lecce.


 La leggenda narra che il re normanno Tancredi d'Altavilla, vissuto a cavallo tra i secoli XI e XII, mentre era impegnato in una battuta di caccia, dopo aver inseguito a lungo una splendida cerva, sul punto di ucciderla ebbe l’impressione di vedere apparire, fra le corna della sventurata fiera, la Madonna.
Si dice che da qui sia nato il nome Cerrate o Cervate, anche se secondo altre ricostruzioni, potrebbe derivare da cerri, dalla precedente estensione boscosa di querce e frassini.

Fondata quindi per volontà del re, la gestione dell’Abbazia fu dapprima affidata ai monaci basiliani, per passare in seguito ai benedettini. Nel 1531 il Complesso passò sotto il controllo dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli.

Nel tempo divenne un centro nevralgico per il territorio salentino annettendo fondi e giardini, uno scriptorium, un refettorio, le abitazioni dei monaci, una biblioteca, i forni, due trappeti (frantoi ipogei), le stalle, un pozzo, ed un mulino. Divenne importante per il territorio sia da un punto di vista economico, sia religioso e culturale.

In seguito questo luogo è stato abbandonato subendo un grave tracollo, anche per via dall’incursione dei pirati turchi, nel 1711. 


Adibito per un certo periodo a masseria, il complesso è stato poi acquistato dall'Amministrazione della Provincia di Terra d'Otranto e restaurato, trasformano una delle aree in Museo delle Arti e delle Tradizioni popolari del Salento. 
 Nel museo si trovano oggetti ed arredi tipici della tradizione contadina, le stanze da letto, la cucina con pentole e attrezzi, gli utensili da lavoro, gli oggetti della vita quotidiana: scolapiatti di legno, tappeti realizzati riutilizzando vecchi stracci intrecciati, vasi e brocche e piatti di terracotta smaltata, centrotavola ricamati, lenzuola e coperte tessute al telaio, statue dei santi in cartapesta e argilla dipinta con le loro bellissime cupolette in vetro. Alcuni di questi manufatti sono ancora in uso nelle abitazioni del sud Italia, e si trovano facilmente nei mercati e nei negozi.
La chiesa è composta da un portale sormontato da un’arcata con altorilievi che riproducono scene del Nuovo Testamento ed un monaco in preghiera.

Sul fianco della navata sinistra un lungo porticato con tettoia e colonne con archi, con ogni singolo capitello decorato con diverse figure in pietra.

La visita include i due frantoi ipogei, in cui si trovano le enormi macine per le olive e le vasche per contenere l’olio.

Sono luoghi affascinanti, scavati nelle rocce, con l’odore di umido del sottosuolo e le pietre stesse trasformate in meccanismi votati al lavoro, ruote mastodontiche per schiacciare, cisterne scavate nel pavimento.

L’Abbazia di Cerrate è il primo bene FAI in Puglia.





PIANTA GENERALE



1. CHIESA DI SANTA MARIA DI CERRATE
2. PORTICO DUECENTESCO
3. CASA MONASTICA
4. MUSEO DELLE ARTI E DELLE TRADIZIONI POPOLARI
5. EDIFICIO DELLE EX - STALLE
6. FRANTOI IPOGEI
7. AIA

8. AGRUMETO
9. POZZO CINQUECENTESCO





APPENDICE LETTERARIA


DA UN LAI DEL GUIGEMAR E IL MITO CELTICO DELLA CACCIA AL CERVO_  Maria di Francia


En l'espeise d'un grant buissun
Vit une bise od un foün;
Tute fu blaunche cele beste,
Perches de cerf out en la teste;




Nel folto di una grossa macchia

ha visto una cerva col suo cerbiatto;

la bestia era tutta candida

e corna di cervo portava sulla testa. 



NA CANDIDA CERVA SOPRA L’ERBA_ Petrarca


Una candida cerva sopra l’erba
verde m’apparve, con duo corna d’oro,
fra due riviere, all’ombra d’un alloro,
levando ’l sole a la stagione acerba.

Era sua vista sí dolce superba,
ch’i’ lasciai per seguirla ogni lavoro:
come l’avaro che ’n cercar tesoro
con diletto l’affanno disacerba.

Nessun mi tocchi - al bel collo d’intorno
scritto avea di diamanti et di topazi - :
libera farmi al mio Cesare parve .

Et era ’l sol già vòlto al mezzo giorno,
gli occhi miei stanchi di mirar, non sazi,
quand’io caddi ne l’acqua, et ella sparve.


LA CERVA_ canzone popolare salentina

‘Nu giurnu sci a caccia alla foresta                            Un giorno sono andato a caccia in una foresta

intra lu boscu de Ninella mia                                    nel bosco della mia Ninella

ncontrai na cerva e li troncai la testa                         incontrai una cerva  e le troncai la testa

morta nu’ bera e lu sangu scinnia.                             Non era morta e il sangue scorreva.

se nfaccia la patruna de la finestra:                           Si affaccia alla finestra la padrona:

non ammazzar la cerva  ca è la mia !                        non ammazzare la cerva che è mia !

nu su vanuto pe mmazzar la cerva,                          Non sono venuto ad ammazzare la cerva

ieu su vanuto pe amare a tie.                                    Sono venuto per amare te.



LA CERVA BIANCA_  J. L. BORGES


Da quale agreste ballata della verde Inghilterra,
da quale stampa persiana, da quale regiona arcana
delle notti e dei giorni che il nostro ieri racchiude,
è venuta la cerva bianca che ho sognato questa mattina?
Sarà durata un secondo. L'ho vista attraversare il prato
e perdersi nell'oro di una sera illusoria,
lieve creatura fatta di un po' di memoria
e di un po' di oblio, cerva di un solo fianco.
I numi che reggono questo strano mondo
mi hanno permesso di sognarti ma non di essere il tuo padrone;
forse ad una svolta dell'avvenire profondo
ti incontrerò di nuovo, cerva bianca di un sogno.
Anch'io sono un sogno fuggitivo che dura
qualche giorno di più del sogno del prato e del biancore.

IL CERVO ALLA FONTE E IL LEONE_ Esopo


Spinto dalla sete, un cervo se ne andò ad una fonte; bevve, e poi rimase ad osservare la sua immagine riflessa nell’acqua. Delle corna, di cui ammirava la grandezza e il ricco disegno, si sentiva tutto orgoglioso, ma delle gambe non era soddisfatto, perché gli parevano scarne e fragili. Mentre ancora stava riflettendo, ecco un leone che si mette ad inseguirlo. Il cervo si dà alla fuga e riesce per un bel pezzo a tenerlo a distanza, perché la forza dei cervi risiede nelle gambe, come quella dei leoni nel cuore. Finché il piano gli si stese dinanzi spoglio di alberi egli trovò dunque scampo ma quando giunse in una plaga boscosa, accadde che gli si impigliarono le corna nei rami, non poté più correre e fu preso. Allora, mentre stava per morire, disse a se stesso: “Me disgraziato! quelle gambe che dovevano tradirmi mi offrivano la salvezza, e mi tocca invece morire proprio per colpa di quello in cui riponevo tutta la mia fiducia!”.
Così molte volte, tra i pericoli, la salvezza ci viene da amici che parevano sospetti, mentre altri in cui avevamo piena fiducia ci tradiscono.




LA CERVA ORBA_ Esopo


Una cerva orba d’un occhio usava pascolare vicino al mare, e per proteggersi da eventuali attacchi, si metteva con l’occhio buono verso terra, in caso i cacciatori le si avvicinassero, e il lato orbo rivolto al mare, perché da quella direzione non si spettava alcuna minaccia. Tuttavia alcuni marinai vennero con una barca a remi e appena la scorsero presero la mira dall’acqua e le spararono, uccidendola.

Nell’esalare l’ultimo respiro disse « Misera creatura che sono mai! Ero al sicuro dal lato di terra da cui mi aspettavo di poter essere aggredita e ho trovato i miei nemici nel mare da cui mi sentivo maggiormente protetta. »

Morale:

Il pericolo viene spesso da dove meno lo si aspetta.



IL CERVO MALATO_ Esopo


Un cervo le cui giunture erano divenute rigide per l’età, cadde ammalato e decise di riposare nell’erba lussureggiante di un prato vicino a un bosco, così da poter mangiare un po’ più a suo agio.

Siccome era sempre stato amichevole e un buon vicino, molti animali vennero a fargli visita e ad augurargli pronta guarigione. Così, nonostante il cervo ricuperasse la salute, non aveva niente da mangiare e finì col morire, non tanto per la malattia o la vecchiaia, quanto per la mancanza del cibo che i suoi amici gli avevano mangiato.

 

 

 

INCONTRO TRA IULO E SIMONETTA_ Poliziano
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Ahi qual divenne! ah come al giovinetto
corse il gran foco in tutte le midolle!
che tremito gli scosse il cor nel petto!
d'un ghiacciato sudor tutto era molle;
e fatto ghiotto del suo dolce aspetto,
giammai li occhi da li occhi levar puolle;
ma tutto preso dal vago splendore,
non s'accorge el meschin che quivi è Amore.

42
Non s'accorge ch'Amor lì drento è armato
per sol turbar la suo lunga quiete;
non s'accorge a che nodo è già legato,
non conosce suo piaghe ancor segrete;
                                                                                                                                           

di piacer, di disir tutto è invescato,
e così il cacciator preso è alla rete.
Le braccia fra sé loda e 'l viso e 'l crino,
e 'n lei discerne un non so che divino.

43
Candida è ella, e candida la vesta,
ma pur di
rose e fior dipinta e d'erba;
lo inanellato crin dall'aurea testa
scende in la fronte umilmente superba.
Rideli a torno tutta la foresta,
e quanto può suo cure disacerba;
nell'atto regalmente è mansueta,
e pur col ciglio le tempeste acqueta.

44
Folgoron gli occhi d'un dolce sereno,
ove sue face tien Cupido ascose;
l'aier d'intorno si fa tutto ameno
ovunque gira le luce amorose.
Di celeste letizia il volto ha pieno,
dolce dipinto di ligustri e rose;
ogni aura tace al suo parlar divino,
e canta ogni augelletto in suo latino.

45
Con lei sen va Onestate umile e piana
che d'ogni chiuso cor volge la chiave;
con lei va Gentilezza in vista umana,
e da lei impara il dolce andar soave.
Non può mirarli il viso alma villana,
se pria di suo fallir doglia non have;
tanti cori Amor piglia fere o ancide,
quanto ella o dolce parla o dolce ride.

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Sembra Talia se in man prende la cetra,
sembra Minerva se in man prende l'asta;
se l'arco ha in mano, al fianco la faretra,
giurar potrai che sia Diana casta.
Ira dal volto suo trista s'arretra,
e poco, avanti a lei, Superbia basta;
ogni dolce virtù l'è in compagnia,
Biltà la mostra a dito e Leggiadria.

47
Ell'era assisa sovra la verdura,
allegra, e ghirlandetta avea contesta
di quanti fior creassi mai natura,
de' quai tutta dipinta era sua vesta.
E come prima al gioven puose cura,
alquanto paurosa alzò la testa;
poi colla bianca man ripreso il lembo,
levossi in piè con di fior pieno un grembo.

48
Già s'inviava, per quindi partire,
la ninfa sovra l'erba, lenta lenta,
lasciando il giovinetto in gran martire,
che fuor di lei null'altro omai talenta.
Ma non possendo el miser ciò soffrire,
con qualche priego d'arrestarla tenta;
per che, tutto tremando e tutto ardendo,
così umilmente incominciò dicendo:

49
"O qual che tu ti sia, vergin sovrana,
o ninfa o dea, ma dea m'assembri certo;
se dea, forse se' tu la mia Diana;
se pur mortal, chi tu sia fammi certo,
ché tua sembianza è fuor di guisa umana;
né so già io qual sia tanto mio merto,
qual dal cel grazia, qual sì amica stella,
ch'io degno sia veder cosa sì bella".

50
Volta la ninfa al suon delle parole,
lampeggiò d'un sì dolce e vago riso,
che i monti avre' fatto ir, restare il sole:
ché ben parve s'aprissi un paradiso.
Poi formò voce fra perle e viole,
tal ch'un marmo per mezzo avre' diviso;
soave, saggia e di dolceza piena,
da innamorar non ch'altri una Sirena:



Iulo e Simonetta


51
"Io non son qual tua mente invano auguria,
non d'altar degna, non di pura vittima;
ma là sovra Arno innella vostra Etruria
sto soggiogata alla teda legittima;
mia natal patria è nella aspra Liguria,
sovra una costa alla riva marittima,
ove fuor de' gran massi indarno gemere
si sente il fer Nettunno e irato fremere.

52
Sovente in questo loco mi diporto,
qui vegno a soggiornar tutta soletta;
questo è de' mia pensieri un dolce porto,
qui l'erba e' fior, qui il fresco aier m'alletta;
quinci il tornare a mia magione è accorto,
qui lieta mi dimoro Simonetta,
all'ombre, a qualche chiara e fresca linfa,
e spesso in compagnia d'alcuna ninfa.

53
Io soglio pur nelli ociosi tempi,
quando nostra fatica s'interrompe,
venire a' sacri altar ne' vostri tempî
fra l'altre donne con l'usate pompe;
ma perch'io in tutto el gran desir t'adempi
e 'l dubio tolga che tuo mente rompe,
meraviglia di mie bellezze tenere
non prender già, ch'io nacqui in grembo a Venere.

54
Or poi che 'l sol sue rote in basso cala,
e da questi arbor cade maggior l'ombra,
già cede al grillo la stanca cicala,
già 'l rozo zappator del campo sgombra,
e già dell'alte ville il fumo essala,
la villanella all'uom suo el desco ingombra;
omai riprenderò mia via più accorta,
e tu lieto ritorna alla tua scorta".

55
Poi con occhi più lieti e più ridenti,
tal che 'l ciel tutto asserenò d'intorno,
mosse sovra l'erbetta e passi lenti
con atto d'amorosa grazia adorno.
Feciono e boschi allor dolci lamenti
e gli augelletti a pianger cominciorno;
ma l'erba verde sotto i dolci passi
bianca, gialla, vermiglia e azurra fassi.





LA CERVA, LA GROTTA E LA MADONNA_ Leggenda popolare calabrese


Un giorno alcuni cacciatori, provenienti dalla città di Rossano si trovavano sul monte Sellaro ad  inseguire una cerva, ma l’animale era così veloce che essi faticavano a catturarlo. Finalmente riuscirono a circondarlo e si apprestarono  ad ucciderlo, ma invano, poiché la povera bestiola scomparve all’interno di una grotta situata lì vicino. I cacciatori erano convinti che ormai la cerva fosse in trappola, quindi si avvicinarono cautamente all’ingresso della grotta, ma una volta entrati rimasero sbalorditi, quando invece della cerva videro una Madonna in preghiera. I cacciatori, estasiati da quella visione, s’inginocchiarono tutt’insieme ed incominciarono anch’essi a pregare. Dopo un po’ la Madonna scomparve e al suo posto rimasero delle tavolette di legno ove erano dipinti da un lato la Madonna e dall’altro San Giovanni. Subito i cacciatori, prese le tavolette raggiunsero Rossano e le consegnarono al vescovo che prontamente le conservò nella chiesa madre. L’indomani, stranamente le tavolette non c’erano più e soltanto dopo innumerevoli ricerche vennero ritrovate nello stesso posto dove erano state scoperte inizialmente. Riportate nuovamente al vescovo di Rossano le misteriose icone per ben tre volte sparirono e per altrettante tre volte vennero ritrovate nel luogo originario, così  il vescovo capi che esse dovevano rimanere presso la grotta, sul monte Sellaro ed ordinò che qui fosse edificata una cappella. Iniziata la costruzione, un giorno il capomastro chiese ad un suo manovale di passargli una pietra da sistemare in un punto dell’edificio. Il giovane gliene passò una, ma il capomastro la gettò via poiché non gli sembrava adatta e ordinò al giovane di passargliene un’altra, ma il maldestro manovale, senza accorgersene, riprese quella di prima e il capomastro, indignato, la rigettò ancora una volta, poi, nel tentativo di disfarsene, la colpì con un grosso martello. La pietra si spaccò in due e all’interno, sulle rispettive facciate, vi erano raffigurati San Giovanni e la Madonna. Ancora oggi, tutt’attorno a quel sacro antro, si trova uno  meraviglioso santuario, a Cerchiara di Calabria, dedicato appunto alla Madonna delle Armi, cioè  alla Madonna “della grotta”.

Valeria Girau- valeriagirau.blogspot.it